Dott.ssa Silvia Carlucci
Psicologa e psicoterapeuta a Vasto, Lanciano, Chieti

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carlucci.silvia@gmail.com

Disturbo narcisistico di personalità

Questa era la descrizione del disturbo narcisistico di personalità che emergeva nel DSM-IV a cui i clinici dovevano fare riferimento per porre la diagnosi:

Generalmente ciò che meglio descrive un soggetto narcisista sono aggettivi come arrogante, presuntuoso, mancante di empatia, aggressivo, con fantasie illimitate di successo e potere, bisognoso di attenzione e ammirazione, fondamentalmente egoista.

Ma ben presto i clinici si accorsero delle sostanziali lacune che poneva una diagnosi fatta su tali criteri poiché all’interno dell’esperienza clinica spesso invece compariva un quadro ben più complesso e sfumato, con particolari stati mentali che non venivano per nulla citati nel DSM-IV.

Il nuovo DSM-V colma queste lacune portando ad una nuova descrizione della personalità narcisistica come di un soggetto che ha sì aspetti di arroganza e presunzione, caratteristiche dette “overt” ma anche una serie di altre caratteristiche di personalità dette “covert”, ossia bassa autostima, stati depressivi, di vuoto o appiattimento emotivo.

Spesso il disturbo narcisistico si presenta in associazione ad altri disturbi, quali: depressione, disturbo bipolare, abuso di alcool e sostanze e disturbi del comportamento alimentare.

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Come si manifesta il disturbo narcisistico di personalità

Il tratto distintivo del disturbo narcisistico di personalità è la presenza di un’autostima instabile e fragile, che il narcisista cerca di regolare attraverso la ricerca di attenzione e di approvazione, oppure con una manifesta o celata grandiosità.

Per mantenere un buon livello di autostima, il narcisista deve mantenere standard inflessibili di perfezionismo, destinato continuamente ad aumentare, ogni volta che il soggetto raggiunge gli obiettivi prefissati. Ciò da origine ad una spirale continua dove la perfezione raggiunta non è mai abbastanza generando un senso di insoddisfazione continua: i narcisisti hanno spesso l’impressione di essere un bluff, persone con scarso valore, e che, prima o poi, anche gli altri se ne accorgeranno.

I narcisisti hanno altre diverse strategie funzionali ad un buon mantenimento dell’autostima, come incolpare gli altri per i propri fallimenti, allontanarsi dalle relazioni o sopravvalutarsi, soprattutto nel caso in cui sono esposti al giudizio degli altri.

Nel narcisismo infine si assiste ad una mancanza di empatia.

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Metacognizione del narcisismo

Le persone con narcisismo sono state considerate in grado di comprendere la mente degli altri.

E’ tuttavia presente un’incapacità a riconoscere alcune emozioni e gli eventi che le hanno innescate. Questo, unito ad una scarsa consapevolezza di sé, li porta ad avere difficoltà a comprendere i propri desideri e bisogni, e le risposte emotive conseguenti.

Gli altri sono uno specchio, grazie al quale il narcisista riesce a riconoscere i propri bisogni, e ad avere supporto e sostegno, con il rischio di esserne pesantemente influenzato. Quando il narcisista sente che gli altri mostrano segni di sofferenza o si allontanano, distogliendo l’attenzione dal sé, diventa scarsamente empatico.

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La vulnerabilità al disturbo narcisistico di personalità

Al momento non c’è consenso rispetto all’eziologia del DNP. Tuttavia, l’ipotesi che trova più accordo sembrerebbe essere la mancanza di empatia delle figure genitoriali rispetto ai bisogni espressi dal bambino durante il periodo di sviluppo del legame di attaccamento. Succede quindi che, genitori poco attenti ai bisogni del bambino, non rispondano alle sue richieste, lasciandolo solo a districarsi  nel mondo e a vivere intense emozioni.

In questo modo durante lo sviluppo, il bambino, in preda a forti emozioni che portano ad una sua disregolazione emotiva, impara ben presto che i suoi genitori non sono in grado di accudirlo, diventando autosufficiente.  La mancanza di un attaccamento soddisfacente durante l’infanzia diventa dunque un problema per il narcisista che, da adulto, avrà la tendenza ad evitare un legame di attaccamento ma allo stesso tempo a lottare per ricevere attenzione e ammirazione dagli altri, vivendo perennemente in uno stato mentale ed emotivo instabile.

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Schema interpersonale Sè/Altro del narcisista

Nel disturbo narcisistico di personalità si osserva la presenza di un’immagine instabile di sé che oscilla continuamente tra vissuti di iperidealizzazione e momenti di autosvalutazione e disprezzo.

Le emozioni frequentemente riscontrate nel narcisista sono la rabbia e la tristezza.

La rabbia è l’emozione che il narcisista prova quando sente di essere in qualche modo ostacolato dagli altri o socialmente rifiutato. Gli altri sono visti con disprezzo poiché incompetenti o ostili e la tendenza sarà quella di dare loro la colpa per i propri insuccessi.

La tristezza è l’emozione che il soggetto con disturbo narcisistico di personalità prova quando non riesce ad attribuire la colpa agli altri per i propri fallimenti; questo porta il soggetto a sperimentare uno stato depressivo caratterizzato da anestesia emotiva, apatia e senso di vuoto.

Altri stati mentali tipici del narcisista sono rappresentati da vergogna, senso di colpa, invidia per il successo degli altri e incapacità a perdonare.

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Il trattamento del disturbo narcisistico di personalità

Indifferentemente dal tipo di approccio utilizzato, bisogna prestare particolare attenzione a non promuovere prematuramente un cambiamento delle rappresentazioni grandiosi del sé, poiché ciò provocherebbe un abbandono della psicoterapia; utile sarebbe invece spostare l’agentività, di cui i narcisisti sono ampiamente dotati, verso altre motivazioni, oltre a quella del rango e del riconoscimento sociale.

Importante è la promozione della consapevolezza di sé e delle emozioni, per scoprire in che modo le relazioni influenzano il sé. Il clinico dev’essere in grado di gestire i cicli disfunzionali che si attivano in terapia, che con il narcisista sono generalmente orientati sul rango e la competizione: il terapeuta non deve competere con il paziente, ma comprenderlo.

Una volta che la relazione terapeutica si è consolidata, attraverso l’apertura del paziente, è necessario che il terapeuta guidi il paziente a comprendere le modalità interpersonali disfunzionali con cui entra in relazione con l’altro, promuovendone il cambiamento.