Il disturbo di panico è un disturbo d’ansia che si caratterizza per la presenza di attacchi di panico ricorrenti che possono essere attesi o inattesi. Durante l’attacco di panico la persona sperimenta intensa ansia e disagio e si spaventa molto perché ha il timore di poter morire di infarto o soffocata oppure di poter impazzire. La paura e i sintomi del panico raggiungono il picco nel giro di 10 minuti. Anche se i disturbi d’ansia per definizione sono disturbi psichiatrici meno gravi rispetto ad altre patologie, sono gravi le conseguenze che produce perché si riflettono sulla qualità della vita di chi li sperimenta.
Affinché si possa fare diagnosi di disturbo di panico è necessario che siano presenti più attacchi di panico ricorrenti per un periodo di almeno sei mesi.
Un attacco di panico è definito come un periodo di paura o disagio intensi dove si manifestano almeno 4 dei seguenti sintomi che raggiungono il picco nel giro di 10 minuti – sintomi di un attacco di panico:
I primi attacchi di panico sono sempre inaspettati; questo induce il soggetto che li sperimenta ad iniziare a “controllare” la situazione e a prestare attenzione verso particolari sintomi somatici (aumento del battito cardiaco, respiro affannoso, etc…) e ad interpretarli come segnali di un imminente attacco di panico. Pian piano questo controllo diventa sempre più estremo fino ad includere tutte quelle situazioni in cui, se la persona dovesse avere un attacco di panico, sarebbe difficile chiedere aiuto oppure raggiungere un ospedale.
In questo modo avviene un’associazione tra attacco di panico e situazione anche se realmente la persona non si è mai sentita male in quella circostanza.
I mezzi più comunemente evitati sono: aerei, metro, autobus, treno, macchina; sono evitate oppure sopportate con intensa ansia e disagio strade molto trafficate e autostrade, ascensori, centri commerciali, luoghi troppo grandi o affollati, stanze chiuse. A volte, per non evitare, il soggetto utilizza delle strategie protettive, come farsi accompagnare da qualcuno, oppure portare con sé l’ansiolitico o analizzare bene le “vie di fuga” a disposizione in una situazione.
I fattori che possono portare una persona a sviluppare un disturbo da attacchi di panico sono numerosi. Come per altri disturbi, è comunque la combinazione di fattori genetici, ambientali e di personalità a creare terreno fertile per lo sviluppo del problema. Merita un cenno l’Anxiety Sensitivity (Reiss & McNally, 1985) definita come atteggiamento catastrofico, di paura rispetto alle sensazioni di attivazione neurovegetativa dell’organismo (tachicardia, dolore al petto, etc..) che tendono ad essere erroneamente interpretate come pericolose e in grado di produrre conseguenze disastrose come la morte o la pazzia.
L’Anxiety Sensitivity si sviluppa a partire dalle esperienze precoci di apprendimento con le figure genitoriali. Alcuni comportamenti nei confronti del bambino come favorire il comportamento da malato, oppure manifestare attenzione preoccupata quando è ansioso o evitare che esplori l’ambiente circostante, invalidano uno dei suoi bisogni fondamentali: esplorare l’ambiente circostante ed diventare progressivamente autonomo.
Tra i fattori ambientali che possono predisporre allo sviluppo di un disturbo di panico annoveriamo le situazioni stressanti fisiche (malattie, insonnia, uso di sostanze) e psicologiche (lutti, problemi interpersonali, a lavoro, economici, malattie di familiari) e l’iperventilazione (tendenza a respirare in maniera rapida e profonda creando così uno sbilanciamento tra i livelli di ossigeno e di anidride carbonica nell’organismo).
I fattori di vulnerabilità sopra descritti da soli non bastano per far esplodere il panico. E’ necessario , in aggiunta, che la persona sia stata presente quando qualcuno si sentiva male (per attacco di panico o malattia fisica) oppure che abbia percepito preoccupazione ansiosa da parte degli altri mentre qualcuno si sentiva male.
Le conseguenze per chi soffre di un attacco di panico sono numerose. Dal punto di vista lavorativo si possono avere ripercussioni più o meno gravi a seconda dell’intensità e dell’incidenza dei sintomi: una persona che si sposta per lavoro molto probabilmente sarà costretta ad assentarsi o a rinunciare al lavoro.
La vita familiare è spesso contraddistinta da conflitti interpersonali causati dalle continue richieste di essere accompagnati.
Le attività sociali sono rese difficili dall’impossibilità a spostarsi con i mezzi o con l’auto o a restare in luoghi come il cinema, la discoteca, i centri commerciali, etc…).
Non dobbiamo poi sottovalutare il peso che assume la progressiva perdita di autonomia che può portare alla depressione reattiva e all’utilizzo di alcool o sostanze stupefacenti nel tentativo estremo di autocurarsi.
Oltre che attraverso una terapia farmacologica, o in congiunzione a questa, il disturbo di panico può essere trattato attraverso psicoterapia cognitivo-comportamentale. La psicoterapia per il disturbo di panico presso la sede di Vasto e Lanciano può essere individuale o di gruppo con una cadenza settimanale.
Quando il disturbo di panico è in comorbilità con un disturbo di personalità si opta per la Terapia Metacognitiva Interpersonale al fine di permettere una stabilizzazione dei risultati ottenuti e garantire un loro mantenimento nel tempo.
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Per approfondimenti sulla terapia cognitivo-comportamentale dell’attacco di panico puoi leggere i seguenti articoli online scritti da me:
https://www.stateofmind.it/2014/05/terapia-disturbo-dipanico-confronto-cbt-emdr/
https://www.stateofmind.it/2013/05/attacchi-panico-terapia-mantenimento/
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